Sono pittoresche le forme di esaltazione, come se fosse una grande vittoria, della scelta di spendere 90 milioni di euro di soldi pubblici per correggere il progetto dell’Ospedale dell’Angelo,
su cui pesa un Progetto di finanza che strangola la sanità pubblica – dichiara Daniele Giordano Segretario Generale CGIL Venezia.
Come tutti sanno, l’Ospedale dell’Angelo è stato costruito attraverso lo strumento del progetto di finanza, nel non lontano 2002, determinando un’indebitamento significativo della sanità veneziana. Una scelta che come CGIL abbiamo più volte contestato, e su cui da tempo abbiamo chiesto un’intervento drastico per la revisione dei canoni di concessione, anche attraverso strumenti legislativi regionali.
Le scelte di edilizia sanitaria sono sicuramente importanti, peccato che ci vorranno altri 8 anni per vederne i risultati, e che non si può tacere sul fatto che si tolgono risorse pubbliche ai bisogni di salute per correggere una situazione sulla quale, come sempre, nessuno è responsabile.
La scelta pone fine a qualsiasi progetto ambizioso, anche legato a progetti di ricerca su particolari patologie, come le proposte più volte circolate rispetto alla cura avanzata sui tumori.
A questo si aggiunge - prosegue Giordano – la domanda su come si garantirà il funzionamento di nuovi posti letto. Abbiamo letto che si ipotizza un aumento di posti letto, pare di cento unità, dalle stesse Istituzioni che poi spiegando a reti unificate che non si trovano professionisti della salute.
È bene ricordare che l’Azienda ULSS sta pagando un canone (indicizzato) ad un raggruppamento di imprese private della durata della concessione di circa 30 anni a partire dal 4.12.2002. Il canone di partenza è stato di euro 54.677.579 ed è un canone unico per la gestione dei servizi, come restituzione sulle opere eseguite, per rinnovi impiantistici e tecnologici. Bene aveva fatto alcuni anni fa il Direttore Generale Dal Ben ha fare causa al raggruppamento di imprese con il risultato, almeno simbolico, di avere una piccola riduzione del costo del canone.
Si deve quindi partire dal fatto che l’ULSS stessa giudica fallimentare, per carenze strutturali, un progetto recente, quando gran parte delle strutture ospedaliere del Veneto sono state edificate decenni prima di quella di Mestre.
Se si considera fallimentare il progetto sul piano strutturale non si può che chiamare in causa i responsabili di fronte alla magistratura, anche contabile, per quello che gli compete e che non può ricadere sulle tasse e sulla salute dei cittadini. Allo stesso modo è necessario però porsi due interrogativi: è una carenza strutturale per sottovalutazione del progetto, che non poteva prevedere le maggiori esigenze di salute, salite di circa il 15% negli accessi al pronto soccorso - non stiamo certo parlando di un raddoppio - o è una carenza per sottovalutazione della programmazione territoriale?
Se è una carenza di programmazione e/o di servizi nel territorio, dobbiamo necessariamente chiamare in causa l’assenza regionale nell’assistenza territoriale e nella tenuta dei medici di medicina generale.
Pensare semplicemente che la questione si risolva allargando i muri, continuando a determinare che siano i pronto soccorso il primo accesso ai bisogni di salute non risolverà il alcun modo il problema.
Sono necessari accordi con i medici di medicina generale, distretti con personale in numero adeguato, l’assistenza domiciliare integrata e le cure palliative, aperta 7 giorni su 7 e col personale in numero adeguato.
Ai cittadini – conclude Giordano - servono risposte immediate sulla presa in carico dei bisogni di salute. A partire dalla riduzione delle liste d’attesa, comprendendo che i cittadini non hanno la possibilità di sperare che tutto questo venga risolto, forse, fra 8 anni. Servono risultati concreti, assunzioni di personale, il contrario delle scelte che il Governo sta facendo. L’Esecutivo non inserisce risorse economiche nella legge di stabilità per i contratti, al contrario aumenta i finanziamenti per la sanità privata.