Il saldo occupazionale nella nostra Provincia, nel primo semestre 2023, si conferma positivo, o almeno questo è quello che i dati sembrano evidenziare.
Scorporando il dato delle nuove assunzioni e cessazioni per tipologia di contratto, infatti, vediamo come a crescere siano soprattutto i contratti di apprendistato, i tempi determinati, i contratti a chiamata e i cococo.
Il vero dato da prendere in considerazione è quello dei contratti a tempo indeterminato. Unica forma contrattuale ad essere preceduta dal segno meno. Per il resto abbiamo di fronte una situazione in cui aumentano contratti che se tutto va bene durano un anno. Di fatto ad aumentare sono solo le persone che vivono nell’incertezza, mentre diminuisce il numero di chi ha un lavoro stabile.
La distribuzione delle assunzioni nel primo semestre mostra un dato impressionante - prosegue Giordano - i contratti a tempo indeterminato, che dovrebbero essere la normalità, sono sostanzialmente pari nel numero ai nuovi contratti a chiamata, e vengono nettamente superati anche dai contratti proposti dalle agenzie interinali.
Ciò che nell’analisi dei dati lascia più basiti è la condizione dei giovani, che sempre più spesso vengono additati come svogliati e fannulloni. Spesso leggiamo nella stampa di imprenditori che faticano a reperire personale, offrendo contratti a tempo indeterminato e con retribuzioni introvabili. Annunci che non trovano riscontro nella realtà, che vede il 95% dei giovani al di sotto dei 30 anni che, nel primo semestre dell’anno, hanno accettato contratti precari. Solo un giovane su venti, tra quelli che hanno trovato lavoro da gennaio a giugno, è stato assunto con un contratto di lavoro a tempo indeterminato. La situazione degli adulti e dei senior è migliore solo sulla carta, per loro la percentuale di contratti precari nel semestre si ferma al 90%.
Un altro dato che emerge con forza è quello dei part time, che costituiscono circa un terzo dei contratti totali. I part time, quasi sempre obbligati, costituiscono ben il 30,7% del totale, andando a minare ulteriormente la situazione retributiva dei nuovi contratti attivati. Particolarmente drammatica è la situazione femminile, dove i contratti part time rappresentano più del 41% del totale, poco meno della metà dei contratti, alimentando il divario di genere. Questi elementi confermano anche l’emergenza salariale, che denunciamo da tempo, e che colpisce in particolar modo le donne.
È evidente che quanto sta avvenendo è una completa distorsione del mercato del lavoro. Non possiamo avallare la narrazione di una ripresa del mercato del lavoro, che non c’è e che se c’è è fatta sulle spalle dei lavoratori. Crediamo sia necessario intervenire sulle tipologie dei contratti, sui salari e sui diritti. Chiediamo alle istituzioni locali di mettere in campo ogni strumento per contrastare nuove forme di povertà e il concreto rischio di un’emergenza sociale.
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