Dichiarazione di Christian Ferrari, Segretario Generale Cgil Veneto
“La manovra fiscale approvata la scorsa settimana dal Consiglio dei Ministri e la Legge di Bilancio in discussione in queste ore in Consiglio regionale hanno lo stesso segno, ed è un segno regressivo.
Se a livello nazionale si sceglie di favorire i redditi medio alti, lasciando l’85% delle lavoratrici e dei lavoratori sotto i 35.000 euro senza benefici significativi, a livello veneto si decide – per l’ennesima volta – di escludere dall’addizionale Irpef chi guadagna più di 75.000 euro l’anno.
Il presidente Zaia calcola quanto risparmiano i cittadini grazie a questa linea di politica fiscale (oltre un miliardo di euro per i prossimi anni), dimenticando però che le persone, le famiglie non sono tutte uguali.
Privare le fasce più deboli di servizi per centinaia di milioni di euro (cifra che si incamererebbe se l’addizionale Irpef ai applicasse alle fasce più abbienti) vuol dire accettare, scientemente, di non affrontare l’emergenza sociale in corso.
Un’emergenza sociale che, in maniera inedita, colpisce il Nord (dove i poveri sono più che raddoppiati negli ultimi dieci anni) più che il Meridione del nostro Paese (dove la crescita degli indigenti è più contenuta).
La pandemia, ovviamente, ha accelerato questo processo, ma la politica e le Istituzioni non sembrano voler reagire in maniera adeguata al cambiamento epocale in cui siamo immersi, a partire dalla ricostruzione di un welfare (scuola, sanità e non autosufficienza in testa) in grado di curare le ferite del nostro tempo.
Non è solo sul lato del fisco che la legge di Bilancio regionale è carente, quando non sbagliata.
Ciò che più colpisce in negativo è l’atteggiamento rinunciatario rispetto alla necessità di mettere in campo una strategia regionale di politica industriale all’altezza delle sfide che abbiamo di fronte: la transizione digitale e la riconversione ecologica del sistema produttivo.
Questo è particolarmente preoccupante in vista dei fondi del Pnrr, che rischia di trasformarsi in una gigantesca occasione perduta se ci si limiterà a distribuire soldi a pioggia alle imprese senza alcuna condizionalità.
Stiamo già assistendo a un rimbalzo del Pil senza che cresca proporzionalmente anche l’occupazione, e con i nuovi posti di lavoro tutti o quasi precari.
In prospettiva, se non si inverte la tendenza, le cose non possono che peggiorare.
Aggiungiamo a tutto questo le scarsissime risorse destinate alla cultura (cui siamo riusciti solo in parte a rimediare evitando almeno ulteriori tagli), che ci pongono come Veneto agli ultimi posti della classifica nazionale, e ci rendiamo immediatamente conto dell’assenza di qualunque strategia per favorire una crescita strutturale, in grado di produrre lavoro qualificato e stabile.
Intanto le aree interne, a partire da quelle montuose, soffrono di spopolamento e di deindustrializzazione, avendo ricevuto negli ultimi vent’anni meno fondi di quelli destinati alla pista da bob di Cortina (61 milioni, una cifra davvero spropositata).
Tutti, a parole, dichiarano di voler ridurre le diseguaglianze, favorendo le donne e i giovani (i più colpiti dalla crisi economica causata dal Covid). Nei fatti, però, si va ostinatamente nella direzione opposta”.