Il nostro sistema di assistenza agli anziani è sostanzialmente privatizzato, se consideriamo che già oggi la maggioranza dei posti letto è gestito da strutture private.
Una vera e propria privatizzazione avviata con le scelte della Giunta Regionale Galan, poi confermate in tutti questi anni da Zaia che hanno determinato la costante riduzione della presenza pubblica e la colpevole scelta di non attuare la riforma ferma da più di vent’anni.
Come Sindacato abbiamo sempre chiesto di mettere in campo processi di razionalizzazione e qualificazione della spesa, della gestione delle residenze e della costruzione di reali sinergie locali.
Abbiamo più volte sollecitato gli enti locali ad essere protagonisti di questo cambiamento, a chiedere alla Regione una revisione della norma vigente e ad aumentare le risorse per la non autosufficienza.
Molti enti locali hanno preferito assecondare la Regione nella destrutturazione del sistema, favorendo la nascita di nuove residenze per anziani che oggi, come era prevedibile faticano a trovare personale per garantire gli standard assistenziali.
Le residenze sono nate con una programmazione che non ha nessuna connessione con le risorse per le impegnative messe a disposizione dalla Regione. La “favola” della libertà di poter utilizzare l’impegnativa regionale ovunque alla fine sta producendo che ci siano più di 1.000 anziani in lista d’attesa.
Aver messo in mano, in larga maggioranza, il sistema al privato vuole semplicemente dire che saranno loro a regolare l’accesso a questi servizi agli anziani. Sarà il privato a determinare le tariffe, cosa che avviene già quando le famiglie senza impegnativa regionale di residenzialità, si trovano difronte a trattative individuali sui costi dell’assistenza.
I costi per mantenere gli anziani nelle case di risposo hanno già raggiunto costi proibitivi per le famiglie e non è in alcun modo possibile che possano essere sostenuti altri aumenti sui bilanci familiari, per questo serve un intervento della Regione Veneto che copra l’aumento dei costi, o rischiamo davvero che si comprometta la possibilità per i nostri anziani di avere cure adeguate.
Il sistema delle residenze per anziani oggi è l’unica risposta che molte famiglie trovano ai bisogni di salute degli anziani, specialmente per i bisogni sanitari che non possono essere garantiti in famiglia e che possono essere offerti solo con la possibilità di garantire assistenza h24.
I dati ci dimostrano come l’aumento dell’aspettativa di vita e della popolazione anziana determini la necessità di avere un sistema che sia in grado di stare al fianco dei bisogni delle famiglie, anche per evitare che la soluzione sia quella di tenere gli anziani a casa e di costringere le donne a sobbarcarsi dei bisogni di cura essendo, sempre più spesso, costrette anche a rinunciare alla possibilità di avere un lavoro.
A questo si aggiunge la costante fuga di personale da questi servizi per cercare soluzioni in cui le condizioni di lavoro sono migliori e i salari più adeguati.
Lo vediamo ad ogni concorso pubblico delle nostre Ulss dove centinaia di operatori socio sanitari ed infermieri delle residenze si presentano per passare alle dipendenze della sanità pubblica.
Come Cgil, Spi e Fp - concludono Giordano, Tronco, Busato - chiediamo che la Regione intervenga a sostegno delle famiglie con adeguati stanziamenti economici, che si definisca la legge di riordino delle Ipab mettendo le residenze pubbliche in grado di competere nel sistema senza più essere obbligate a maggiori oneri rispetto alle private, un aumento delle risorse per le impegnative di residenzialità e l’applicazione di trattamenti economici al pari di quella della sanità in modo da riconoscere retribuzioni adeguate ed evitare la costante fuga di personale.